lunedì 10 agosto 2009

1. Diritto e diritti

Oggi, in tutte le società democratiche non v’è nessuno che non sia disposto a riconoscere i cosiddetti diritti universali, naturali o imprescrittibili, di ciascun individuo, che vengono distinti in civili (libertà, sicurezza, proprietà, autodifesa), politici (diritto di voto e di partecipazione alla vita politica), economici, culturali e sociali (di non facile definizione) e tutti concordano nell’affermare, senza alcuna difficoltà apparente, che ogni soggetto umano debba essere lasciato libero di fare ciò che desidera, seppur nel rispetto dell’analogo diritto dei suoi simili, anche se solo un quarto della popolazione mondiale gode di un qualche rispetto di tali diritti. Ma questo modo di pensare, che a noi sembra scontato, si è affermato solo da poco più di due secoli. In passato non era così. La storia ci insegna che il diritto è sempre stato sostanzialmente legato a rapporti di forza e che il riconoscimento dei diritti universali, più volte proclamato negli ultimi tre secoli, si è spesso limitato ad un semplice enunciato di principio, senza alcun riscontro concreto.
Ora, alla legge ci pieghiamo per tre possibili ragioni: o perché la riteniamo giusta, o perché ci è imposta con la forza, o per le due cose insieme. Ma è la legge ingiusta che ha maggior bisogno di essere sostenuta dalla forza. In un mondo che si ispiri a princìpi di giustizia basterebbero poche leggi, al limite una sola legge (per esempio, quella dell’amore universale, che è stata proclamata dal cristianesimo primitivo e posta a fondamento del regno di Dio), e non si avvertirebbe la necessità di dispiegare possenti eserciti e micidiali armamenti. Se le nostre attuali democrazie devono ricorrere a innumerevoli e farraginose norme giuridiche e se non possono fare a meno di armarsi fino ai denti, ciò vuol dire che si servono del diritto per favorire taluni a danno di talaltri e perpetuare condizioni di ingiustizia sociale cronica.
Nel capitolo precedente abbiamo osservato come la guerra sia incompatibile col diritto. In realtà, questo rilievo vale soltanto nel caso di un diritto che si ispiri a princìpi di giustizia condivisibili a livello universale. Ma questo diritto «giusto» è stato solo concepito teoricamente dagli uomini, ma non è mai reso concretamente operativo. Come avremo modo di vedere, infatti, in tutte le epoche storiche i popoli hanno saputo produrre un diritto «ingiusto», inteso come espressione della volontà del più forte. Ebbene, non solo un diritto ingiusto è compatibile con la guerra, ma è esso stesso una forma di guerra. In entrambi i casi, infatti, avviene che il più forte impone la sua volontà sul più debole, sia pure con modalità diverse. Questo è l’argomento che sarà sviluppato nel presente blog.

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