Queste due forme di giustizia trovano un luogo di sintesi nelle Costituzioni e nelle Dichiarazioni summenzionate, che sono chiamate a regolare i rapporti interpersonali e fra cittadini e lo Stato. Sia le Costituzioni che le Dichiarazioni individuano e descrivono i cosiddetti diritti fondamentali e inalienabili degli individui e dei cittadini, che comprendono le libertà di movimento, di pensiero, di religione, di espressione, di riunione pacifica, di accesso alla giustizia e di uguaglianza di fronte alla legge, ma anche il diritto al lavoro e alla sicurezza sociale, il diritto ad un adeguato tenore di vita, la tutela della salute, il diritto all’istruzione, alla partecipazione politica e alla vita culturale.
Quando si parla di Costituzionalismo, s’intende dire che il governo della legge si debba preferire a quello degli uomini. È un’idea che circola sin dai tempi di Aristotele, che è fondata sulla convinzione che le leggi, a differenza degli uomini, non hanno passioni né propri interessi da difendere (Pol. 1286a). “Il primato della legge è fondato sul presupposto che i governanti siano per lo più cattivi, nel senso che tendono a usare del potere per i propri fini. Viceversa, il primato dell’uomo è fondato sul presupposto del buon governante, il cui ideale è presso gli antichi il grande legislatore” (BOBBIO 1991: 172). [La preferenza di Bobbio “va al governo delle leggi, non a quello degli uomini” (1991: 193).] Ebbene, il costituzionalismo vuole conciliare i princìpi del giuspositivismo (legge prodotta dagli uomini) con quelli del giusnaturalismo (legge universale, superiore alle leggi particolari), proponendo un diritto giusto e condivisibile da tutti i cittadini di uno Stato. Il problema è che spesso tali princìpi finiscono col ridursi a semplici enunciati teorici.
Dalla forza origina il Diritto e lo Stato
15 anni fa
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